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Campo de’ Fiori e il monumento a Giordano Bruno

Di questa puntata della rubrica – uscita per errore Sabato 31 gennaio, invece che Domenica 1 febbraio – riporto il testo originale.

Campo de’ Fiori e il monumento a Giordano Bruno

Campo de’ fiori nella prima metà del Quattrocento era un prato di fiori e orti. Quando il rione Parione rinacque la piazza diventò un luogo di attività e commerci: il mercato dei cavalli, ma anche i tratti di corda e le esecuzioni capitali. Il 17 febbraio del 1600, accusato di eresia, vi arse Giordano Bruno: a ricordarlo la statua incappucciata eretta da Ettore Ferrari in memoria del libero pensiero, scoperta il 9 giugno del 1889 tra un’immensa folla. Sul basamento tre riquadri con la tragica vicenda del filosofo, i medaglioni di Sarpi, Campanella, Hus, Wycliffe, un’iscrizione di Giovanni Bovio, oratore della cerimonia di inaugurazione: “A Bruno, il secolo da lui divinato, qui, dove il rogo arse”.
Dopo la presa di Roma i rapporti tra Stato e Chiesa si ruppero, i Savoia furono scomunicati e i cattolici invitati ad astenersi dalla vita politica. Nel 1876, con la sinistra al governo, un comitato studentesco romano avviò la sottoscrizione per un monumento in onore di Bruno, contando tra le adesioni quella di Carducci, Gregorovius, Hugo, Renan, Ibsen, Bakunin. Nel 1884 un secondo comitato si aggiunse al primo per raccogliere fondi. Pochi anni dopo, con l’appoggio di Crispi, presidente del consiglio dal 1887, nonostante i freni posti dal comune di tendenza moderata, si fuse il bronzo, tra manifestazioni, scontri, arresti e feriti. Quando nel 1888 entrarono nel Comune esponenti anticlericali, tra cui Ettore Ferrari, scultore massone e uomo della sinistra estrema, il progetto del monumento passò, fra gli applausi del pubblico che urlava: “Viva Crispi!” Leone XIII, che aveva minacciato di abbandonare Roma per la cattolica Austria, se la statua fosse stata scoperta, restò in San Pietro in preghiera. Nel 1929, alla sigla dei Patti Lateranensi, i cattolici ne chiesero la rimozione ma non la ottennero, grazie all’intervento di Giovanni Gentile, estimatore dell’inattuale filosofo della pluralità dei mondi.

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