Ecco sulla mia scrivania una copia staffetta del nuovo libro su Roma, Sogno notturno a Roma. 1871-2021. Quanto tempo gli ho dedicato… L’ho scritto impegnando molto del mio scarso tempo, animata dalla mia abituale, inattuale passione, che spesso suscita sconcerto tra i moderati e misurati , poco amanti di un’attitudine comunicativa così spesso riconoscibile nelle donne e nei loro codici femminili. Ma è proprio il desiderio e la pratica dello scrivere che, a questo punto, andrebbero indagati. Perché scrivere se non si ha una reale motivazione? E in quanti modi e con quali intenzioni si scrive? Si può scrivere, in questo nostro tempo frettoloso, con intenzioni ‘letterarie’? Vale a dire curandosi della forma, del linguaggio, delle modalità? ‘Raccontare come?’, si chiede chi scrive, come me, con intenzioni ‘letterarie’ poco condivise nella comunità dei tanti scriventi a vario titolo e sui più svariati argomenti. Qual è il modo più autentico e vero di impegnare se stessi in una pratica di scrittura che dovrebbe equivalere a una qualunque altra pratica artistica? Per affrontare un qualunque argomento ritenuto degno di essere comunicato attraverso la scrittura, è meglio farne una cronaca didascalica, riportando fedelmente quanto crediamo sia realtà oggettiva? Oppure è più autentico e vero il racconto immaginativo, misto di invenzione fantastica, digressioni storiche, pause riflessive? Per scrivere Sogno notturno a Roma ho scelto, come ho sempre fatto fino ad ora, la seconda via: racconto immaginativo, misto di invenzione fantastica, digressioni storiche, pause riflessive. Non saprei com definirlo e per fortuna il mio sapiente editore, La Lepre edizioni, non scrive sotto il titolo ‘romanzo’. Romanzo, saggio, diario: un’immersione nella storia della città che amo in modo intenso, irragionevole, misterioso, per comprendere le ragioni di un suo storico e mancato riconoscimento, analoghe forse al difficile percorso di riconoscimento di sé che affronta ognuno di noi.
Add Comment