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Una risposta a Maria Antonietta…

Ma quanta letteratura nella vita, direbbe Wilde, per restare in tema: non solo modelli di comportamento ma gli stessi colori e suoni del mondo, ogni percezione sensoriale ed emotiva è stata a lungo filtrata dalla letteratura. Ma oggi che la letteratura è fuori moda che accade della nostra vita? Chi ce la racconta una volta che non si dà più ascolto ai poeti? Ed ecco allora il senso del mio sogno letterario che si riconnette all’utopia di un linguaggio archetipico. Come dici tu. In rima. La rima facile delle filastrocche, però, simile alle formule della poesia orale arcaica. Secondo Borges Adamo parlava in rima. Uomini e donne maturi: alcuni lettori come Maria Antonietta – anche alcuni recensori – pensano che la “maturità” dei personaggi e della protagonista esprima una sorta di disillusione generazionale del presente rispetto alle grandi attese di un passato “impegnato”. La convenzione anagrafica dell’età mi è sempre apparsa, in realtà, assai poco significativa per interpretare il disorientamento e la solitudine attuali. Avevo in mente solo uomini e donne – Attilio, Floriana, Ernesto sono giovani e anche più “soli” degli altri personaggi “maturi”. Uomini e donne chiusi nel culto drammatico e autodistruttivo dell’io, persi in inutili inchieste d’amore, incapaci di ritrovarsi e conoscersi. Quando Calvino racconta di Cosimo e Viola e arriva al momento in cui i due si amano sugli alberi di Vallombrosa, dice che Cosimo a quel punto “si conobbe” mentre Viola “si riconobbe”. Maschile e femminile, yin e yang, la complementarità di cui parla Bohr, i fondamenti del vivere, dell’amore che porta alla conoscenza di sé nell’altro da sé. Un piacere ascoltare alle 9 di mattina la lettura “ad alta voce” del Barone rampante. L'”archivio segreto” è il deposito stratificato di memorie ancestrali, non solo di una città come Roma – che Freud paragonava all’inconscio – ma di ognuno di noi, uomo o donna che sia, giovane o maturo. Un archivio in cui è possibile ritrovare il presente nella memoria del passato, l’unità nella molteplicità di storie e di esseri di ogni genere, specie ed età. Un’unica famiglia che si ritrova solo quando ognuno di noi decide di abbandonare la trappola autodistruttiva e claustrofobica dell'”io”. Una costruzione grammaticale, quella dell'”io” e dei suoi pregiudizi, che impedisce il dialogo e condanna alla solitudine.

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