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Possiamo dire addio ai giardini di Colle Oppio.

Prima di tutto ringrazio Barbara per avere inserito l’articolo di Francesca Giuliani. Potete leggerlo nel suo intervento o su la Repubblica di oggi, 15 luglio 2011. Pregherei chiunque legga di far girare quanto più è possibile la notizia dell’imminente intervento sui giardini di Colle Oppio e sulla sottostante Domus aurea. Sarebbe importante che molti cittadini si attivassero per saperne di più ed evitare azioni di intervento violente e irreparabili in un’area unica al mondo.

Vorremmo vederlo questo progetto, cari ingegneri. Fatecelo vedere, almeno. Vorremmo vedere le volte di cemento, le intercapedini di cui parlate, il sistema di accesso alle sale, gli ascensori…
Vorremmo sapere, come e soprattutto quando risistemerete lo storico giardino di De Vico una volta che lo avrete distrutto. Il giardino di via dei Fori Imperiali, del resto, è stato annientato quasi vent’anni fa mentre è più recente l’abbattimento degli alberi centenari di piazza Venezia: il risultato estetico del costoso scempio non richiede commenti, quello della ricerca andrebbe discusso e confrontato con gli scavi del primo novecento. Immagino che il verde sia l’ultimo dei problemi degli attuali commissari ed ingegneri, nonostante per gli archeologi del millennio scorso fosse tra i primi, pari solo alla passione storica e conoscitiva. Spiace molto che i giornalisti riscrivano quasi pari pari i comunicati stampa senza accertarsi e informarsi in modo coscienzioso, senza capire in modo critico di che si tratta, di che si sta parlando esattamente, specialmente quando si tratta di aree pubbliche amate dai cittadini, di Beni storici e artistici di enorme delicatezza e di complessa gestione. Qualcuno dovrebbe far notare ai progettisti (entrambi ingegneri) che la domus aurea, come Pompei, richiederebbe forse solo (si fa per dire…) cure e interventi rituali e costanti di tecnici archeologi e restauratori piuttosto che intrusioni di cemento e di ascensori. Inoltre, forse, la domus aurea non dovrebbe essere visitabile per la sua estrema delicatezza: come le grotte di Lascaux, come la tomba di Nefertari (restaurata sotto la guida del glorioso e pressoché scomparso Istituto italiano per il restauro), anche la domus aurea dovrebbe essere sistemata con cura e chiusa, accessibile solo a richiesta. Anche il tempio pitagorico a Porta Maggiore è chiuso per la fragilità dei suoi stucchi, ha problemi gravi di infiltrazioni, soffre di incuria, con i treni che gli passano sopra ogni giorno: come mai nessuno chiede che sia aperto? che sia smantellata la ferrovia? come mai non gode della stessa pericolosa attenzione mediatica di cui gode invece la domus aurea? forse perché manca un personaggio di richiamo come Nerone? Come ne sarebbe stato felice l’imperatore pop morto suicida! Chissà che non ci pensi la damnatio memoriae a frenare lo scempio imminente dell’innocente giardino… Non sarà rischioso trascurare questa interdizione, anche a distanza di secoli? I Flavi cancellarono la memoria dell’imperatore interrando e nascondendo allo sguardo la sua fastosa dimora; Traiano ci costruì sopra le terme. Noi moderni tecnocrati, invece, la riporteremo in piena luce, incuranti del divieto: abbatteremo il giardino, costruiremo delle belle volte di cemento, scale mobili, ascensori, soprattutto biglietterie che qualche disinteressato sponsor utilizzerà come vetrina delle sue merci. Non sarebbe meglio riflettere ancora, prima di cominciare, per accertarsi che un’operazione così radicale e temeraria non sia per di più segnata da infausti auspici …?

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