“Sciami di gabbiani”, Barbara. Gabbiani, non uccelli. Gabbiani che volano di notte sopra il popolo di statue del Vittoriano. Come fossero i pensieri rimossi di un paese sepolto sotto tonnellate di travertino.
È solo il Prologo della storia che probabilmente non hai letto.
«Ma è un’allegoria, dunque, questa immagine dei gabbiani! » – esclamerebbe scandalizzata la giornalista Ludmilla, un personaggio dell’Archivio segreto che non ama per niente i libri troppo “scritti”,
«Un procedimento letterario inammissibile, mia cara! Oggi bisogna solo narrare. Altro che scrivere o, peggio ancora, descrivere… » – affermerebbe, guardandomi con l’aria severa di chi la sa lunga sulle mode e le tendenze mediatiche attuali.
Ebbene, pur essendo personaggio della casta – bontà tua! sono lieta di apprenderlo – io invece scrivo. Rinuncio a priori agli allori e alla fama destinati a quelli che Ludmilla considera i veri narratori: la sua Clarissa, Filippo Falsetti, Fausto Veloccia.
Scrivo e scrivo e ho molte altre virtù. Ricordi la poesia? Scrivo una favola urbana in cui gli animali di tante specie diverse osservano gli umani e cercano di riportarli dentro al loro copione tentando di sottrarli al delirante e vaniloquente narcisismo in cui sono intrappolati. «C’era una volta un re…» ci raccontavano da bambini. Non ti è mai capitato? A proposito del senso, il senso nelle favole c’era. Si chiamava “la morale”.
La mia storia è solo un’inchiesta, non una risposta. Ed è questo il senso dello scrivere. Ma solo dello scrivere, non certo della vita che è irrisolvibile e inafferrabile divenire.
Che poi la mia scrittura sia bella o brutta lo stabiliranno gli altri miei probabili ventiquattro lettori, ammesso che uno dei venticinque sia tu – cosa di cui dubito.
Quanto al mio matrimonio è affar mio. E quanto al pudore non ho nessun segreto e nulla di cui vergognarmi. Penso piuttosto che sia un problema tuo e che andrebbe affrontato in un’altra storia che non mi appartiene. Quella degli uomini che tradiscono le amanti con le mogli, per esempio.
Da “insegnante a tempo perso”, come mi definisci con un astio un po’ sospetto, ti suggerisco di ri-leggere La coscienza di Zeno. Il capitolo intitolato La moglie e l’amante , in particolare, è molto istruttivo per tutte le donne. Solo quelle che intendono, però, e che assomigliano alla sapiente Sharazad e a sua sorella Dunyazad. A loro è dedicato il mio libro.
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